a cura della Dott.ssa Filomena De Falco
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la personalità come:
«Un’organizzazione strutturata di pensiero, sentimento e comportamento che sta alla base della modalità di adattamento del soggetto, caratterizzandone lo stile di vita. Essa è il risultato di fattori costituzionali, evolutivi e dell’esperienza sociale»
(OMS, 1992)
La personalità include:
- Cognizioni (processi di pensiero) – Cosa penso?
- Affetti (emozioni, sentimenti) – Cosa sento?
- Comportamento manifesto – Come mi comporto?
Quali sono i fattori che determinano la personalità?
Le cause che determinano la personalità sono state generalmente divise in genetiche e ambientali. Questa suddivisione ha spesso condotto ad accesi dibattiti su quali fossero le più importanti per lo sviluppo della personalità, la nota controversia NATURA-CULTURA:
- NATURA si riferisce al contributo dei geni
- CULTURA si riferisce all’importanza dell’ambiente.
Natura: cause genetiche
Negli ultimi anni è stata enfatizzata l’importanza dei geni, ma anche alcuni sostenitori di questo punto di vista avanzano l’ipotesi che ci sia stata un’accentuazione eccessiva del fattore natura (Plomin, Chipuer, Loehlin, 1990; Plomin, 1994). Sia le cause genetiche sia quelle ambientali sono decisive nella formazione della personalità (Lawrence A. Pervin; Oliver P. John). I fattori genetici rivestono un ruolo fondamentale nel determinare la personalità, in particolare rispetto a ciò che é unico nell’individuo (Plomin et al., 1990). Essi hanno generalmente maggiore influenza rispetto a caratteristiche quali l’intelligenza e il temperamento e minore influenza su valori, ideali e credenze (Kagan, 1994).
Cause ambientali
Tra le cause ambientali che contribuiscono a strutturare la nostra personalità ci sono:
- La cultura
- La classe sociale
- La famiglia
- I coetanei
Cultura
Gli individui fanno determinate esperienze come conseguenza dell’appartenere a una determinata cultura sviluppando, così, determinati Modelli di Comportamento (Lawrence A.Pervin; Oliver P.John). Ogni cultura ha i propri modelli istituzionalizzati e sanzionati di comportamenti appresi, rituali e credenze. Dunque la maggior parte dei membri di una determinata cultura avrà certe caratteristiche della personalità in comune (Lawrence A.Pervin; Oliver P.John). L’impatto delle influenze culturali sulla nostra personalità è notevole e non ne diventiamo consapevoli se non quando entriamo in contatto con culture diverse dalla nostra e si riflette virtualmente su ogni aspetto della nostra esistenza: sul modo in cui definiamo i nostri bisogni e sulle modalità scelte per soddisfarli; sul modo in cui sperimentiamo differenti emozioni e in cui esprimiamo quel che sentiamo; su ciò che consideriamo sano o malato; su come affrontiamo la vita e la morte (Triandis, 1989; Markus, Kitayama, 1991; Kitayama, Markus, 1994).
Classe sociale
Altri modelli di comportamento si sviluppano come risultato dell’appartenenza a una classe sociale, ovvero al proprio gruppo di origine (es. classe sociale bassa o alta; classe operaia o alta e media borghesia). I fattori relativi alla classe sociale servono a determinare lo status degli individui, i ruoli che ricoprono, gli obblighi a cui sono tenuti e i privilegi di cui godono. Tali fattori influenzano il modo in cui le persone vedono sé stesse e in cui percepiscono i membri di altre classi sociali, nonché il modo in cui le persone definiscono le situazioni e rispondono ad esse (Lawrence A. Pervin; Oliver P. John).
Famiglia
Perché all’interno della stessa famiglia i figli sono così diversi? Numerosi ricercatori hanno concentrato il proprio interesse su tale domanda sostenendo che la risposta va trovata non soltanto in differenze costituzionali ma anche nelle differenti esperienze che i fratelli fanno in quanto membri della medesima famiglia e nelle differenti esperienze che essi fanno al di fuori della famiglia (Plomin, Daniels, 1987; Dunn, Plomin, 1990; Plomin et al., 1990). Le differenti esperienze dei fratelli (nell’ambiente non condiviso) possono avere per lo sviluppo della personalità un’importanza anche maggiore delle esperienze condivise in quanto membri della medesima famiglia (Plomin, Daniels, 1987; Dunn, Plomin, 1990; Plomin et al., 1990).
Coetanei
«Le esperienze del gruppo di coetanei nell’infanzia e nell’adolescenza spiegano le influenze ambientali sullo sviluppo della personalità. La risposta alla domanda: -perché i figli della stessa famiglia sono così diversi l’uno dall’altro? -(Plomin, Daniels, 1987) è: – perché fuori casa hanno esperienze diverse e perché le loro esperienze in casa non li fanno assomigliare più- (Harris, 1995). Il gruppo di coetanei serve a far socializzare l’individuo facendogli accettare nuove regole di comportamento e fornisce esperienze che avranno influenze durevoli sullo sviluppo della personalità. Secondo questa concezione, i legami genitoriali sono importanti per il primo sviluppo ma il coinvolgimento con i coetanei è importante per la successiva e più duratura espansione della personalità (Lawrence A. Pervin, Oliver P. John).
Che relazione c’è tra fattori genetici e fattori ambientali?
Il processo di sviluppo della personalità è esito delle interazioni continue tra geni e ambiente. Secondo il concetto di «gamma di reazioni» (Gottesman, 1963) l’ereditarietà fissa un certo numero di possibili risultati ma l’ambiente, alla fine, determina il risultato specifico. L’ereditarietà può cioè stabilire una gamma all’interno della quale il successivo sviluppo di una caratteristica è poi determinato dall’ambiente (per es. l’ereditarietà può definire i limiti delle capacità musicali o sportive, ma l’ambiente determinerà il livello specifico e la forma dello sviluppo per ogni singola capacità). Nel corso del proprio sviluppo la persona interagisce con ambienti diversi basandosi in parte sulle proprie caratteristiche costituzionali e in parte su esperienze passate, di piacere o dolore, in specifici ambienti. Quindi piuttosto che una semplice relazione di causa-effetto abbiamo un’interazione continua, o processo reciproco, tra eredità e ambiente (una volta venuti al mondo, i neonati non solo sono esposti ad ambienti diversi ma suscitano dall’ambiente risposte diverse, per es. un bambino iperattivo provoca nei genitori risposte diverse da quelle suscitate da un bambino tranquillo) (Lawrence A. Pervin, Oliver P. John).
Temperamento e Personalità
Il concetto di Temperamento ha una lunga storia, che affonda le radici nella civiltà greca. La prima nozione di temperamento risale, infatti, all’idea nata nell’ambito della tradizione ippocratica, e ripresa da Galeno, secondo cui lo stato d’animo e il comportamento degli individui sono il risultato del modo in cui sangue, bile nera, bile gialla e flegma (i quattro umori di base) si mescolano tra loro (Jones, 1946). In linea con le concettualizzazioni attuali, il modello ippocratico derivava il temperamento da processi biologici ed emotivi.
La Personalità include un ventaglio più ampio di differenze individuali rispetto al temperamento e i tratti di personalità descrivono delle configurazioni relativamente stabili di comportamento, motivazione, emozione e cognizione (Wilt e Revelle, 2009). Storicamente temperamento e personalità sono stati studiati come due insiemi distinti di differenze individuali, a livelli gerarchici diversi: il temperamento è stato indagato in termini di disposizioni di basso livello (e quindi più “di dettaglio”) che appaiono precocemente, la personalità in termini di disposizioni di livello più alto (e quindi più “ampie”) che appaiono successivamente nel corso dello sviluppo individuale. La personalità è stata spesso vista come un costrutto inclusivo in cui si organizzano nel tempo le caratteristiche ereditarie e stabili legate alla costituzione biologica dell’individuo, ovvero il temperamento, e le caratteristiche che vengono influenzate dall’apprendimento sociale (Cloninger, Svrakic e Przybeck, 1993).
Robert Cloninger definisce la personalità come “un’organizzazione dinamica di sistemi psicobiologici che modulano l’adattamento della persona ai cambiamenti ambientali” (Cloninger, 1987; Svrakic, Dragan, Svrakic, Cloninger, 1996). Secondo Cloninger, gli elementi costitutivi della personalità sono:
- il temperamento: si riferisce alle differenze individuali nelle risposte automatiche agli stimoli emozionali. Si tratta di componenti ereditabili, osservabili precocemente nell’infanzia, stabili nel corso dello sviluppo e non influenzate dall’apprendimento socioculturale (Cloninger, 1987; Cloninger et al., 1996).
- il carattere: rappresenta un modello esplicito di aspettative consce, definito da un insieme di assunti concettuali che i soggetti compiono in relazione agli obiettivi personali, alle altre persone, alla vita e al mondo in generale. Le dimensioni del carattere sono scarsamente ereditabili, sono influenzate dall’apprendimento sociale e dalle aspettative culturali circa i ruoli sociali della persona legati all’età, alla professione e alle circostanze sociali del soggetto (Cloninger, 1987; Cloninger et al., 1996).
I tratti di temperamento e di carattere si sviluppano nel corso della vita attraverso un percorso a gradini dall’infanzia all’età adulta. I tempi e il ritmo delle transizioni tra livelli del percorso maturativo sono funzioni non lineari di configurazioni temperamentali, educazione socioculturale ed eventi di vita stocastici (Svrakic et al., 1996). La ricerca recente evidenzia, tuttavia, che esistono delle significative similarità tra i due insiemi di tratti. In particolare la ricerca nell’ambito della genetica comportamentale mostra che sia i tratti di temperamento che i tratti di carattere emergono dall’interazione tra ereditarietà e ambiente (Krueger e Johnson, 2008) ed entrambi sono relativamente stabili nel tempo, ma vanno incontro a un certo grado di cambiamento (Roberts e Del Vecchio, 2000).
Cosa sono i disturbi di personalità e quali sono?
“Un Disturbo di Personalità è un pattern costante di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo, è pervasivo e inflessibile, esordisce nell’adolescenza o nella prima età adulta, è stabile nel tempo e determina disagio o menomazione”.
( DSM 5, pg.747)
A. Un pattern abituale di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo. Questo pattern si manifesta in due (o più) delle seguenti aree:
- Cognitività (i modi di percepire e interpretare se stessi, gli altri e gli avvenimenti)
- Affettività (varietà, intensità, labilità e adeguatezza della risposta emotiva)
- Funzionamento interpersonale
- Controllo degli impulsi
B. Il pattern abituale risulta inflessibile e pervasivo in un’ampia varietà di situazioni personali e sociali.
C. Il pattern abituale determina disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.
D. Il pattern è stabile e di lunga durata, e l’esordio può essere fatto risalire almeno all’adolescenza o alla prima età adulta.
E. Il pattern abituale non risulta meglio giustificato come manifestazione o conseguenza di un altro disturbo mentale.
F. Il pattern abituale non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza (es. sostanza di abuso o farmaco) o di un’altra condizione medica (es. trauma cranico) (DSM 5, pg. 749).
I tratti di personalità sono pattern costanti di percepire, rapportarsi e pensare nei confronti dell’ambiente e di se stessi, che si manifestano in un ampio spettro di contesti sociali e personali. Soltanto quando i tratti sono rigidi e disadattivi, e causano una significativa compromissione funzionale o un disagio soggettivo, denotano disturbi di personalità (DSM 5, pg. 749).
I Disturbi di Personalità vengono definiti egosintonici: non viene esperita alcuna sofferenza soggettiva o dubbio rispetto alle proprie modalità di percepire gli altri e se stessi, nonché di relazionarsi all’ambiente. Essendo i vari disturbi di personalità accomunati da tratti psicopatologici, spesso può essere diagnosticato più di un disturbo nello stesso soggetto (Caviglia G., 2007).
In base a criteri di somiglianza, i 10 disturbi di personalità sono raggruppati in 3 CLUSTER:
CLUSTER A comprende i disturbi PARANOIDE, SCHIZOIDE, SCHIZOTIPICO accomunati da comportamenti strani, bizzarri ed eccentrici, dalla difficoltà nell’esprimere le emozioni, dalla freddezza emotiva e dal distacco (Othmer, Othmer, 1999)
CLUSTER B comprende i disturbi BORDERLINE, NARCISISTICO, ISTRIONICO e ANTISOCIALE, caratterizzati da comportamenti melodrammatici, amplificativi, emotivi e imprevedibili (Dsm 5; Caviglia G., 2007)
CLUSTER C comprende i disturbi EVITANTE, DIPENDENTE e OSSESSIVO-COMPULSIVO accomunati, principalmente, dalla prevalenza delle emozioni di ansia e paura (Dsm 5; Caviglia G., 2007).