a cura della Dott.ssa Filomena De Falco
Le psicologhe del Filo Rosso affrontano spesso il tema della Dipendenza Affettiva. Per iniziare, vi invitiamo a leggere il racconto di una donna che deciso di condividere la sua storia sul web: clicca qui per leggere il racconto.
La Dipendenza Affettiva (DA) fa parte delle cosiddette “New Addiction”, ossia forme di dipendenza dette “Dipendenze Comportamentali” poiché non hanno come oggetto l’uso di sostanze (come alcol o sostanze di abuso) ma un comportamento (o una persona nel caso della DA) o un’attività lecita e socialmente accettata.
Uno sguardo alle New Addiction
In lingua inglese il termine “Addiction” (“Dipendenza”) si riferisce a una condizione generale in cui la dipendenza psicologica spinge alla ricerca di un oggetto di interesse, senza il quale la vita perderebbe di senso e valore.
Tra le New Addictions (Dipendenze Comportamentali) oltre alla dipendenza affettiva troviamo: il gioco d’azzardo patologico (pathological gambling), la dipendenza da lavoro (work addiction o workaholic), la dipendenza da internet, lo shopping compulsivo (compulsive buying), la dipendenza da attività fisica (exercise addiction) e la dipendenza dal sesso (sex addiction). Ma ce ne sono molte altre. Tali forme di dipendenza rappresentano il lato patologico di attività comunemente praticate dalle persone nella loro vita quotidiana.
Cos’è la Dipendenza Affettiva e come la riconosco?
Reynaud, Karila, Blecha e Benyamina (2010), partendo dalle analogie riscontrate con la dipendenza da sostanze, definiscono la Dipendenza Affettiva “Love Addiction”, basata sulla durata e sulla frequenza della sofferenza percepita. Essi descrivono la Love Addiction come un modello disadattivo o problematico della relazione d’amore che porta a deterioramento o angoscia clinicamente significativa. Inoltre, delineano con chiarezza le differenze tra Amore e Dipendenza. In particolare, identificano con il termine Love Passion uno stato universale e necessario per gli esseri umani, che implica un attaccamento funzionale agli altri. Con il termine Love Addiction, invece, intendono una condizione disadattiva caratterizzata da una necessità e da un desiderio imperioso dell’altro che si traducono in pattern relazionali problematici, caratterizzati dalla persistente e assidua ricerca di vicinanza, nonostante la consapevolezza delle conseguenze negative di tale comportamento.
Secondo gli autori, il passaggio a un innamoramento disfunzionale avverrebbe per la trasformazione del desiderio in bisogno necessario e del piacere in sofferenza. A ciò si accompagnerebbe l’estrema ostinazione nella ricerca e nel mantenimento della relazione, nonostante la consapevolezza delle conseguenze negative. Considerati il desiderio compulsivo (craving), l’impegno ossessivo e la perseveranza dei comportamenti problematici (Potenza, 2006), è possibile supporre che la Love Addiction sia dovuta a un irrigidimento disfunzionale delle caratteristiche naturali dell’amore romantico.
Un amore che incatena
Si tratta di una forma di amore ossessivo, simbiotico, fusionale e stagnante che viene vissuto alla stregua di una droga e per il quale si sacrificano i propri bisogni, le proprie scelte, i propri interessi, spesso le altre relazioni della propria vita, qualsiasi spinta evolutiva (di cambiamento) e ogni altra gratificazione.
Il punto tuttavia è che spesso i partner oggetto d’amore non sono affatto gratificanti ma, al contrario, sono persone con le quali si instaura una relazione insoddisfacente, infelice, tormentata e dolorosa. Il dipendente affettivo infatti prova un tale bisogno, assoluto e ossessivo, di rassicurazione e di certezze da indurre una sorta di “perdita dell’Io” ed una condizione in cui l’altro rappresenta il solo elemento di ebbrezza e di gratificazione possibile.
Non è raro che tale condizione degeneri in relazioni che rappresentano un serio pericolo per l’incolumità psichica e fisica del soggetto (come nel caso della manipolazione emotiva perversa, o delle violenze, fisiche o psicologiche, all’interno della relazione).
Quali sono i “sintomi” della Dipendenza Affettiva?
Negli ultimi anni forme di dipendenza comportamentale si sono sviluppate in maniera considerevole, tanto che molti studiosi hanno rivolto loro l’attenzione al fine di studiarne le caratteristiche e le possibilità di intervento terapeutico.
Anthony Giddens distingue tre principali caratteristiche della “Love Addiction” che la connotano esattamente come una vera e propria forma di dipendenza:
1. IL PIACERE CONNESSO ALL’AMORE: definito anche ebbrezza, ovvero la sensazione di euforia sperimentata in funzione delle reazioni manifestate dal partner rispetto ai propri comportamenti.
2. LA TOLLERANZA: anche definita in questo contesto come “dose“, che consiste nel bisogno di aumentare la quantità di tempo da trascorrere in compagnia del partner, riducendo sempre di più il tempo autonomo proprio e dell’altro e i contatti con l’esterno della coppia. Un comportamento che sembra alimentato dall’ incapacità di mantenere una “presenza interiorizzata” rassicurante dell’altro, e quindi di rassicurarsi attraverso il pensiero dell’altro nella propria vita. L’assenza della persona da cui si dipende porta pertanto a uno stato di prostrazione e di disperazione che può essere interrotto solo dalla sua presenza concreta e materiale.
3. L’INCAPACITÀ DI CONTROLLARE IL PROPRIO COMPORTAMENTO: connessa alla perdita della capacità critica relativa a sé, alla situazione e all’altro. Una riduzione critica e di guida razionale che, nel lungo termine, crea vergogna e rimorso. In taluni momenti tale senso di vergogna e indegnità vengono sostituiti da una temporanea lucidità, cui fanno immancabilmente seguito un senso di prostrante sconfitta e una ricaduta, spesso più profonda che mai, nel circolo vizioso della dipendenza.
Incidenza della Love Addiction
La DA (Love Addiction) sembra coinvolgere principalmente le donne con fascia di età variabile dalla post-adolescenza (età dai 20 ai 27) fino all’età adulta delle donne con figli, sia piccoli che grandi. Esistono tuttavia anche casi di DA negli uomini, aventi caratteristiche e manifestazioni comportamentali lievemente diverse.
Nonostante la diversità di età, alcuni specifici elementi accomunano i soggetti che tendono a sviluppare relazioni di dipendenza affettiva:
• fragilità
• bisogno di conferme
• scarsa autostima
• paura dell’abbandono
• tendenza all’ iper-responsabilizzazione
• provenienza da famiglie problematiche (abusi sessuali, maltrattamenti fisici o psicologici, storia di alcolismo, bulimia o altre dipendenze nei genitori) nelle quali tali soggetti sono cresciuti sviluppando un profondo e radicato vissuto di inadeguatezza ed indegnità personale.
Come si fa a liberarsi dalla Dipendenza Affettiva?
Il primo passo per liberarsi dalle catene di un amore problematico è riconoscere la propria responsabilità rispetto alla propria libertà di scelta. È bene essere consapevoli che siamo noi a scegliere l’amore che crediamo di meritare, siamo noi a scegliere di intraprendere, stare e continuare poi a rimanere in un certo tipo di relazione, indipendentemente dalle caratteristiche e dalle modalità relazionali di chi abbiamo di fronte.
Spesso, si tende ad allontanare da se stessi la responsabilità delle proprie scelte e delle proprie azioni attribuendola interamente all’altro. I meccanismi di de-responsabilizzazione e responsabilizzazione esterna possono essere pericolosi e allontanarci da noi stessi: nell’esatto momento in cui rimando la responsabilità totalmente all’esterno (in particolare all’altro) sto cedendo all’altro il potere di agire su di me e sulla mia vita, sto ponendo completamente nelle sue mani il potere di scegliere per la mia felicità, serenità o sofferenza.
Può capitare di sentirsi fragili, di credere che un certo tipo di amore sia giusto per noi, nonostante la sofferenza, di voler vedere “il buono a tutti i costi”, di non riuscire ad allontanarsi da un amore che non ci fa stare bene. Ciò che conta è ascoltarsi e ascoltare i propri stati di malessere, quei segnali che ci fanno percepire di non essere sereni in una relazione.
Restituirsi la responsabilità di scegliere per se stessi e per la propria vita, ascoltare i propri bisogni, chiedersi se è davvero quella la relazione che vogliamo ci aiuta a prendere consapevolezza della direzione che vogliamo dare alla nostra vita e alle nostre relazioni. Spesso in tali tipi di relazione ci si lascia trasportare quasi passivamente, si tende ad accontentarsi delle “briciole”, di piccole attenzioni che in quel momento sembrano grandi. Spesso nei momenti di lucidità si tende a chiedersi “ne vale la pena?”.
È nell’esatto momento in cui cominci a porti questa domanda che devi prestare attenzione e saper cogliere i primi “segnali”. L’amore deve valere la felicità, non la pena, ovvero la sofferenza.
La donna di cui vi abbiamo riportato la storia condivisa sul web è partita da una serie di domande relazionali che l’hanno poi portata a porsi domande esistenziali, legate al suo passato e al suo presente, e che l’hanno poi portata a scegliere, in piena responsabilità e consapevolezza, di intraprendere percorsi con professionisti della salute psicologica per arrivare a centrarsi e a concentrarsi su di sé, ascoltare i propri bisogni, comprendere i meccanismi interiori e relazionali che la portavano a scegliere sempre la stessa tipologia di relazioni “tossiche”.
Datevi sempre il permesso di ascoltarvi, di ascoltare i vostri bisogni, datevi la responsabilità delle vostre scelte e delle vostre azioni, riprendetevi il potere di scegliere per la vostra vita. Rivolgersi allo psicologo aiuta a lavorare su tali aspetti e ad attivare le proprie risorse interne, modificando schemi comportamentali disfunzionali e migliorando il proprio benessere psicologico: aiutandovi a costruire relazioni funzionali.
Ridatevi il potere, il potere di scegliere!